E Cat – Energy Catalyzer – I – where to start from?

Una storia della saga di un Rossi

TubeCat

Quella dell’ E Cat di Andrea Rossi (e alcuni soci) è una storia che si snoda negli anni e che, comunque la si riassuma, non renderebbe sufficiente giustizia al genio italico.

Non c’è modo di riassumerla efficacemente, tante sono le vicende che si sono succedute negli  anni, e quindi, per forza di cose, ne farò una serie di post, ciascuno vittima di inevitabili balzi avanti e indietro nel tempo.

D’altro canto, anche solo da dove partire non è per nulla facile in quanto, come nella maggior parte delle storie dai contorni fumosi,  anche in questo caso l’origine si perde tra miti e leggende. Di certo, al di là dei racconti più o meno romanzati messi in giro dagli autori stessi e poi diffusi e rimpolpati da chi sperava che il miracolo fosse reale,  alla base della vicenda Rossi c’è una richiesta di brevetto per invenzione industriale  a nome della moglie richiesto nell’aprile del 2008 e recepita ufficialmente nel gennaio del 2009 dietro pagamento di 50 euro

 

 

I racconti invece parlano di un Rossi che avrebbe iniziato a lavorare sulla Fusione Fredda (questo farebbe l’E Cat) già nel 2007, mentre ancora era, per altre vicende, ospite delle galere italiane in quanto assolto o prescritto (che, contrariamente a quel che tanti pensano, non significa” assolto”) da molti dei 56 processi in cui era imputato, ma non da tutti.

 

da Wikipedia

 

 

Per inciso (e per i benpensanti) la faccenda che Rossi avrebbe iniziato ad occuparsi di Fusione Fredda mentre era in galera non è la boutade di qualche scettico impenitente, ma il racconto che ne fa Mats Lewan nel suo libro pro Rossi (“An Impossible Invention”, dalle parti del capitolo 6)  nel quale -a credergli – riferisce quel che Rossi stesso gli ha detto: che in galera Rossi poteva leggere qualsiasi libro volesse (che nemmeno presso le librerie universitarie…) e che leggendo qualunque libro volesse fosse diventato più istruito di uno specializzando in fisica della materia…

 

e tutto nel giro di un anno (altro che lauree quinquennali e tirocini e praticantati e master!)

his jail time in Milan had let him ponder undisturbed for over a year the problem of cold fusion

(sempre Mats Lewan, sempre “An Impossible Invention”, sempre dalle parti del capitolo 6, sempre se gli si vuole credere)

 

Il primo documento ufficiale della storia dell’E Cat è quindi proprio la domanda di brevetto per invenzione industriale a  nome Pascucci, il quale si compone di non poche pagine decisamente da leggere

Intanto: già nel l’aprile del 2008, la richiesta era per un brevetto di invenzione

Il brevetto per invenzione è un diritto giuridico che consente al titolare un diritto esclusivo di sfruttamento dell’invenzione per un periodo determinato, e gli permette di impedire ad altri di produrre, vendere o utilizzare l’invenzione senza autorizzazione. E dunque, sembrerebbe che ci sia qualcosa da proteggere e da industrializzare quanto prima.

Di che si tratta? Di questo:

“Una reazione esotermica (…) tra atomi di nikel e atomi di idrogeno”.

Ci si immagina un ciclotrone o qualcosa del genere,

ma la realtà è ben diversa:

 

Ciclotrone vero
Ciclotrone vero

 

si tratta di un tubo, di metallo ma anche no, riempito di nickel in polvere, e riscaldato, ma anche no, tra i 150 e i 500 gradi; tubo che ha da essere, ma anche no, in pressione tra due e venti bar.

 

fine parte I, per ora

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Coming soon – E Cat

Passate le transumanze, resta aperto un capitolo richiesto a più voci: la storia dell’E-Cat, la vaporiera che doveva rivoluzionare il mondo tra il 2010 e il 2011 e che ad oggi ancora non si sa se arriva, come arriva e (del caso) in che versione arriva.

 

 

Già così si capisce che i vaccari son di parte: hai detto nel 2010 che invadevi il mercato a breve? Siamo nel 2017 e ancora aspettiamo che a breve invadi? Beh, le nostre vacche nel frattempo sarebbero tutte morte di inedia, quindi è chiaro che tanto teneri non saremo.

 

Stay tuned, se ne riparla.

Collimazione (del Fascio di Particelle).

Avvertenza: il presente contenuto è giunto qui da un simpatico frequentatore occasionale che da oggi è promosso a vice capo locale: essendo io impegnato nella stagionale transumanza delle bestie (molte delle quali con meno di quattro zampe), colgo l’occasione per lodare questo post e dedicarne il contenuto a chi spera che un giorno si decida a piovere nel mio vicinato.

Ashburn.


Buongiorno.

Leggendo l’articolo C&R (https://fusionefredda.wordpress.com/2015/09/29/cr/) su fusionefredda molti sono stati colpiti tanto dalla puntualità di certe domande di un lettore di quell’articolo quanto dal tecnicismo di certe risposte, e ciò mi stimola a cercare di fare chiarezza su alcuni aspetti ancora oscuri della Fisica Nucleare, della quale non so niente e quindi penso di essere in ottima posizione per parlarne in modo fresco e creativo.

Oggi dunque parleremo della Collimazione.

Cominciamo con un po’ di Storia.

Tanto e tanto tempo fa due famosi scienziati, Tex Willer ed il Brigante Dragonera, desiderano determinare, in base ad una serie di tiri di fucile, posizione e dimensioni di un bersaglio nascosto da uno schermo in carta di giornale.

Quando il bersaglio viene colpito, si sente un sonoro TOC!, quando il proiettile finisce contro il parapalle si sente un sordo Pluff, mentre se colpisce le pareti del balisterio si hanno tre possibilità: o rimbalza (ZING), o si spiaccica (CIACK), o si frantuma (SPRAZZ); quando tre o più di questi effetti avvengono circa contemporaneamente, il risultato è uno SKATAFRASH come quello qui sotto raffigurato, di difficillissima interpretazione.

F1a

Ecco i due studiosi che fanno ingresso nel laboratorio, portando ognuno i propri strumenti: Dragonera imbraccia lo sperimentato trombone ad avancarica della storica foto qui sotto.

Munizione mista -circa dodici dozzine fra chiodi bulloni e sassi- accensione a Pietra Focaia, carica di lancio a Polvere Nera, mirino sportivo ricavato da una Kodak Instamatic; apre il fuoco per primo.

Track -Click

Oh! Si è allentata la selce

Screw screw Track -Click

Ops, si è intasato il focone

Frush frush Track -Click-BOF-SKATAFRASH

Dissipatisi i fumi attossicanti della Polvere Nera, Tex Willer (v. foto sotto) si porta sulla linea di tiro con la sua precisissima carabina Winchester a ripetizione,

con la quale è in grado di colpire la capocchia di un fiammifero a cento passi e …

Track-Click-BUM-Pluff

“Un po’ più a destra”, pensa il Ranger

Track-Click-BUM-TOC!

Track-Click-BUM-TOC!

Track-Click-BUM-TOC!

“Bene”, dice Tex fra sé e sé, “la posizione approssimativa del bersaglio l’ho individuata, adesso ne determino il perimetro”

Track-Click-BUM-Pluff

“Mhh, ho allargato troppo”, si ammonisce

Track-Click-BUM-TOC!

“He he he”, gongola, “ora il limite alto”, si augura

Track-Click-BUM-Pluff

Troppo alto”, constata

Track-Click-BUM-Pluff

“Ancora troppo alto”, deve ammettere

Track-Click-BUM-TOC!

“Eccolo lì!”, esulta infine.

mentre Dragonera, mitragliato un intero steradiante, traffica con scovolo calcatoio e stoppaccio per caricare la seconda volata e ancora si chiede se con la prima ci ha preso oppure no, Tex Willer mette a segno un centinaio di proiettili, e passa a determinare la Sezione d’Urto del bersaglio con diverse cifre decimali.

Ecco dunque dimostrata l’importanza della Collimazione.

Prossimamente -insciallà- tratteremo della Intensità del Fascio di Particelle. Per far ciò compiutamente chiederemo al Tenente Fallace di renderci agibile il Poligono di Tiro di Capo Teulada, perché intendiamo usare il Cannone a Tiro Rapido Vulcan da ottomila colpi al minuto. Nel frattempo, riguardatevi cosa dice l’ Analisi Dimensionale della grandezza Intensità.


E per chiuderla in musica:

Bumblebee and Hornet

As the animals went in two by two, hoorah! (…) The animals went in three by three, the wasp, the ant and the bumble bee

Passando per Tokyo il 3 di agosto, poteva capitare di sentire quanto segue:

come il calabrone, che “vola contro tutti i principi della fisica
Lo ha detto…il Premier Matteo Renzi ai top manager della business community nipponica nella colazione di lavoro a Tokyo

Mentre si attende una sicura prossima smentita ufficiale, nel caso la frase fosse stata realmente pronunciata dal Premier in presenza dei Business-men, spero che per una volta i seppur abili interpreti abbiano avuto difficoltà a tradurre, magari pensando che si trattasse di una frase idiomatica impossibile da rendere alla lettera, e abbiano optato per un qualsiasi detto delle loro parti. Però

Se è vero che non è bello che un Premier diffonda bufale, è anche vero che il suo mestiere consiste nel coinvolgere e trascinare quante più persone possibili (ne va del suo stesso posto di lavoro!), cercando, di quando in quando, di favorire anche la comunità mentre (comprensibilmente) aiuta anche  parenti, amici e compagni di partito. Che poi si interessi anche di scienza è decisamente secondario. Però

Non è che ci voleva questo granché a scoprire come stanno le cose – bastava una ricerca di non più di cinque minuti in internet – anche a non capirci un tubo di aerodinamica e di etologia…Per esempio, anche solo leggendo Wikipedia (nella omologa versione italiana, va letta anche la parte etichettata come “il ronzio“). E intanto

Intanto, già “calabrone” non è corretto. Quello che, per ben una notte (o forse due), ha messo in difficoltà un seppur abile dottore è stato un bombo, che ha un rapporto ali vs resto del corpo ben più svantaggioso. Siccome nella storia erano tutti di madrelingua estera, il bombo loro lo chiamavano “bumblebee” (mentre “calabrone” si dice “hornet“). E già si capisce che la bufala, nel varcare le frontiere, ha incontrato il fior fiore dei traduttori. Non solo ma, avendo avuto anni a disposizione per diffondersi via passaparola (perché internet a quei tempi non c’era, e sbugiardare questa bufala voleva dire incontrare gente che sa contare i capi di bestiame anche a occhio), si è ben radicata.  Però

È anche vero che la maggior parte dei passanti occasionali (in prevalenza gente di città) che ho incontrato fuori dai ranch, e coi quali per caso ho affrontato l’argomento, mi ha dimostrato di non conoscere la differenza tra un’ape,  una vespa e – figurarsi – tra un calabrone e un bombo. Quindi, siccome ai mandriani non sorge alcun dubbio nell’identificare certe bestie, e neppure che imenotteri da un lato e velivoli dall’altro volino, è chiaro che la bufala del “non lo sa nemmeno il dottore” l’hanno tramandata dei cittadini (oppure, per ripicca, dei rarissimi mandriani bocciati). Lo dico solo per cultura generale. Però

Via, lo sappiamo tutti che quelle bestie lì, siano bombi o calabroni o api o vespe volano; magari gli abitanti di città faranno un po’ di confusione tra le specie, ma sanno benissimo che pure il vero pomo della discordia, e cioè il bombo – quello che, in proporzione, somiglia al compagno di classe che mangiava più merendine degli altri, sulla pertica non riusciva a salire ma era un campione nel lancio del peso – che è il primo della fila qui, vola:

bumblebee_hornet_bee_wasp

Lo sanno, e sanno che volano anche gli elicotteri, i biplani, gli aerei a decollo verticale e un sacco di altre cose (anche apparentemente poco aerodinamiche) costruite da quei dottori che non saprebbero spiegarsi il volo del bombo. Perché in realtà

La leggenda, sfatabile anche a non aver mai visto un imenottero o una turbina in tutta la propria vita grazie ad una connessione alla rete e pochi click, nasce dal racconto di un prof che una sera, forse per diletto, decise di provare a calcolare le proprietà aerodinamiche delle ali dei bombi. Ora, il prof a quanto sembra si dimenticò di considerare che le ali degli imenotteri anzitutto non sono lisce, dimostrando con ciò di non essere uno zoologo. Poi si limitò alle ali, senza considerare come quegli insetti le usino. Era anche una sera del 1930 (o forse del ’20, chissà), probabilmente pioveva e di bombi in giro non ce n’erano. La conclusione lì per lì di quel prof fu che i bombi…non dovevano essere in grado di volare. Va detto che si narra che quello stesso prof il giorno seguente (o quello dopo, insomma appena gli fu passata la sbronza), fece la cosa giusta: osservò un bombo e si accorse che le ali non erano lisce. Però

Le bufale a quanto pare sono molto più interessanti delle smentite: il fatto che un prof, nel 1930 (o forse nel ’20), abbia per una sera fatto calcoli su presupposti sbagliati, poi corretti nel giro di uno o due giorni è diventato “la Scienza non sa spiegare come facciano i bombi a volare” (e poi “i calabroni”, con ciò dimostrando che chi ci credesse non è un mandriano e chi la diffondesse ce l’ha coi prof) e, pur basandosi solo sul passaparola, ha raggiunto punte di diffusione notevoli e luoghi impensati (c’è chi giura che la frase sia stata trovata persino in qualche libro di testo relativo all’aerodinamica). E quindi

Alla fin fine, a più di un uomo di scienza è toccato dare spiegazione di come facciano i bombi a volare, anzi, c’è chi, in epoche successive, ne ha fatto studi sperimentali sul campo, con tanto di filmati da vedere “al rallenty” (sarebbe “ralenti”, in realtà ma magari non se ne accorge nessuno…) e simulazioni in liquido vischioso…

La sintesi è che i bombi volano perché le ali non sono lisce, con ciò creando turbolenze e aumento di portanza, non le muovono come gli uccelli ma con movimenti rotatori e vibranti che fanno sì che l’aria sopra le loro piccole ali si muova diversamente rispetto a quella sottostante, con ciò creando una differenza di pressione che aumenta la portanza anche di tre volte rispetto a quella calcolabile secondo i principi dell’aerodinamica classica.
Insomma, sono un tipo di elicottero estremamente efficiente e, in aggiunta, esattamente come il compagno di classe sovrappeso, sono campioni di lancio del peso (il loro) avendo la capacità di far vibrare le ali (sì, non le battono, le fanno vibrare) ad un ritmo impressionante (200 volte al secondo, pare).

insomma: l’aerodinamica di questi insetti non è la stessa di quella di un aereo, ma non viola alcun principio e non è affatto misteriosa, anche se, per sviscerarla fino in fondo è stato necessario che più di un singolo professore in una sola notte studiasse la faccenda.

Chissà se chi ancora sostiene che “la scienza non sa spiegare il volo del calabrone” farà mai pace con le insufficienze che deve aver preso a scuola e imparerà la differenza tra calabroni, vespe, api e, già che c’è, bombi

Un vaccaro.

Naufragio!

NOTA


Ad unica eccezione di questa nota, del “servizio fotografico” e di qualche spruzzata di grassetto e corsivo alla “come viene viene”, tutto il contenuto di questo post è il frutto di una missiva ricevuta da un viaggiatore occasionale che spero continuerà assiduamente a viaggiare per questi mari (pulegge e alternatori permettendo) o almeno a missivare con costanza contenuti simili, dato che difficilmente un mandriano par mio potrebbe fare altrettanto.


 

 


Prologo


Driiinnn

Driiinnn

Grunf

Driiinnn

Driiinnn

Grunt

Driiinnn

Driiinnn

Pro … AH-HEM … Pronto!
Cicicì cicicì cicicì
Scusa Lothar, non ho capito, puoi ripè
Hiii hiii hiii la mia barca è andata a fondo hiii


Flash-back


 

Driiinnn

Driiinnn

Grunf

Driiinnn

Driiinnn

Grunt

Driiinnn
Driiinnn
 
Pro … AH-HEM … Pronto!
 
Ciao Nasturzio, vieni a vedere che bel paranco a quattro pulegge che ho trovato nella rumenta

Bello, davvero, Lothar. Ma

Ma?

Ma il cavo è tutto rugginoso, pieno di spini e di strozzature, le pulegge son tutte consumate, certo per via che i perni hanno troppo gioco, che l’hanno preso perché hanno girato a lungo sotto forte carico e senza grasso

E quindi?

E quindi non è sicuro per il lavoro che vuoi fare tu, Lothar, perché giusto ieri ho letto un libretto su come si controllano cavi e pulegge, e codesto paranco ha tutte le stimmate del paranco che sta per cedere; perciò, che sotto ai carichi sospesi non ci si deve stare già lo sai, ma stavolta è proprio TAS-SA-TI-VO. Non ci stare sotto al carico sospeso perché questo cavo si strappa all’altezza del collegamento al paràn…

Seeehhh! Guarda:

gniiik gniiik gniiik

lo vedi che tiene

 

(Lothar in questa occasione apprenderà che quando si alza il carico lo sforzo non è ugualmente ripartito sui vari rami del cavo, ma è massimo sul ramo che va al verricello e minimo su quello fissato al paranco.

Il contrario succede quando si inizia a calare: la sollecitazione si concentra sull’attacco al paranco, che era il più rugginoso e spinoso e strozzato che avessi mai visto fino a quel momento

MA

questo discorso era troppo lungo e teorico per essere svolto appieno, con lui attento alla manovra, questo blocco di cemento di un paio di tonnellate all’altezza del mio naso, nel rumore del motore, cento cose da tenere d’occhio, tra le quali soprattutto che nessuno tenesse i piedi sotto ai bordi del blocco …)

 

Ora calo eh!

gniii-gnik gniii-gnik gniii-gnik

ecco, l’hai visto che tiene beniss…

SBRANG!

 


Tempo attuale


Tutti salvi?

Si si, però

Però?

Però la barca

hii hiii hiii

La barca?

La Barca

E’ andata a fondo, hiii hiii

 


Flash-back


Driiinnn

Driiinnn

Grunf

Driiinnn

Driiinnn

Grunt

Driiinnn
Driiinnn
 
Pro … AH-HEM … Pronto!
 

Oh ciao Nasturzio, vieni a vedere che bella barca che devo portare da Genova a Trieste

Bella! davvero, Lothar. Ma

Ma?

Ma la cinghia dell’alternatore mi sembra troppo tesa

E quindi?

E quindi il cuscinetto dell’alternatore si potrebbe danneggiare rapidamente

Maddài, ho fatto verificare tutto dai meccanici del cantiere proprio ieri, e tanto, anche se resto senza alternatore, ho il generatore autonomo: elettronica e servizi mi funzionano comunque.

Sì, però

Si però, cosa?

ehm

sù, dici

ecco

all’alternatore gli si potrebbe anche stroncare l’albero, e la puleggia potrebbe essere fiondata in giro a rompere roba

ehh ma che vai a pensare, dài molla ‘sto ormeggio e vediamo se si parte.

 


Avanti veloce


Driiinnn

Driiinnn

Grunf

Driiinnn

Driiinnn

Grunt

Driiinnn
Driiinnn
 
Pro … AH-HEM … Pronto!
 

Ciao Nasturzio, sono a Crotone.

Tutto bene?

Sì, però

però?

Però la puleggia è partita, insieme a un pezzo di albero dell’alternatore, e ha rotto la pompa del gasolio …

 


Tempo attuale


 

Ma come è successo che la barca è affondata?

Abbiamo perso la chiglia, hiii hiii hiii

E?

E si è capovolta, hiii hiii

 


Flash back


Driiinnn, eccetera

Oh ciao Nasturzio, mi imbarco a Malmoe come Secondo sul Paolina, yacht a vela di ventisette metri, per portarlo a Southampton a prepararlo per il Giro del Mondo

Oh, mi compiaccio, Lothar.

Grazie, Nasturzio, ma

ma?

Ma c’è un problema con l’accoppiamento deriva-scafo

(descrive il problema; vedi Breve Nota Tecnica, in 1).

Pronto, ci sei ancora Nasturzio?

Sì sì, ci sono. Pensavo

OH! E cosa pensavi?

Pensavo che ti conviene tenere passaporto e quattrini vicino all’uscita, perché prima o poi codesta barca perde la deriva si capovolge e va a fondo.

E dunque?

 


Tempo attuale


E dunque, dopo avere insieme al mio Comandante comunicato e formalizzato e cartabollato e contestato e denunciato il difetto di costruzione;

 

attesoché

– il Cantiere Costruttore ha scritto un chilo di carte per dire che era tutto a posto, dopo che avevano (ri)stretto i bulloni della chiglia [vedi Nota Tecnica] a coppia doppia di quella di progetto, naturalmente senza registrarlo sul Giornale dei Lavori perché la Coppia di Serraggio DEVE essere quella di progetto altrimenti BISOGNA ricalcolare la stabilità di TUTTA la struttura;

– ciononostante il Comandante ed io (l’ Equipaggio) non eravamo convinti, tanto che richiesto dall’Armatore di portare il battello nel Pacifico l’Equipaggio ha dichiarato preferire essere sbarcato immediatamente lì dove si trovava, e cioè praticamente su uno scoglio alle Antille;

– Armatore ed Equipaggio addivenivano a raggiungere -via Azzorre- il cantiere di XxX in Spagna, autorizzato dal Cantiere Costruttore a interventi anche strutturali;

– concordato tra Armatore e CEO del Cantiere Costruttore un incontro in saletta VIP dell’aeroporto di XyZ, praticabile -l’aeroporto, ovviamente- ai loro rispettivi jet privati, per discutere la delicata faccenda;

– stavamo appunto arrivando in porto quando … snif … sob …

 

Ma dimmi con calma come è andata

STACK! STATACK! STRATATACK! si strappano uno dopo l’altro i bulloni che tengono la chiglia

e questa piccola nave da s-s-sei m-m-milioni di euro,

…pur ben zavorrata, almeno alla partenza, con Borgogna, Picolit e innumerevoli barattoli da un chilo di caviale del Volga…

si gira su un fianco, la sua immensa vela da cinquantamila euro già drappeggiata come un sudario. E sarebbe rimasta a galla fino all’arrivo dell’enorme nave-recupero che la avrebbe potuta sollevare con la più piccola delle sue gru…

MAaaa…

intanto che

Armatore del Paolina, Armatore della nave-recupero, Assicuratore della barca, Assicuratore del Cantiere, Assicuratore del Subappaltatore che aveva fuso la chiglia, Capitaneria di Porto – Centro Controllo Elicotteri – Ditta Sommozzatori – Vedette Ambientaliste, Assistenti, Tirapiedi, Avvocati e Portaborse

eccetera

si mettevano d’accordo,

come Moby Dick trafitta dall’ arpione di Achab esalava l’ultimo respiro fra sangue e schiuma, così l’elegante pànfilo, esalando

ehm

….

ma che dico, esalando?

 

Come drago dalla bocca fiammeggia,

ed arrostisce come e più di un forno,

intanto che la barca ancor galleggia,

fra li rottami suoi già sparsi intorno

 

ma quale esalando!

 

dallo scarico del gabinetto

lasciato aperto da un Passeggero-Ippopotamo

-il quale poi avrà bisogno di una zattera tutta per lui perché, oltre ad essere centoquaranta chili, aveva scelto proprio il momento del comando “Abbandonare la Nave” per alleggerirsi della parte meno nobile e più recentemente acquisita (cetriolini sottaceto, borsch e vodka) del suo sovrappiù-

dallo scarico del gabinetto dicevo

non esala, ERUTTA un getto di materia oscura,

che il ricordo rinnova la paura.

E dopo alcune ore di agonia

mentre già alcuni piragnas giunti in motoscafo cercano di ritardare l’affondamento del Paolina alleggerendolo di cime e vele, arredi e strumenti, attrezzi e scorte, la bussola, la cassaforte

Lothar

Sì, Nasturzio?

Su, dài

Snif

si inabissava.

il resto

snif

sob

già lo sai

il sudario s’è detto

dunque, l’ immensa randa,

sob

snif

quale ala di farfalla agonizzante

insomma, si inabissa e, picchiando sul fondo, pieno d’acqua come era,

hii hiii hiii

si sfascia completamente.

 


Tempo attuale


Il Comandante del Paolina, avendo preso il mare pur avendo scritto che non si fidava della barca, ora rischia il ritiro della patente, e peggio.

 


Prequel


 

Anche perché al Porto di Armamento lo aspettano i Gendarmi con il blocchetto delle multe in mano, dato che avvicinandosi lo yacht a Gibilterra dalle Azzore, in occasione del suo genetliaco l’Armatore, un Russo ben marinato nella vodka per disintossicarsi dal ron dei Caraibi, ha pensato di far festa lanciando in rapida successione nella notte illune tutti i razzi di segnalazione che c’erano a bordo -una dozzina di pìroli da cinquantamila candele che ci mettono un bel minuto a scendere appesi al loro paracadutino dai trecento e passa metri che raggiungono.

Non li dovreshti lan-shiare, sai Tovà-rissch? E’ proibitisshimo! AHHHhahahahaaa!

“Oh beh Comandante” -fa spallucce l’ Armatore- “siamo in mezzo all’ Oceanoski, chi vuoi che ci veda”.

Naturalmente il Comandante -se non fosse stato marinato nel cognac- per immobilizzare Army avrebbe potuto chiedere manforte al suo Secondo, il nostro Lothar -un massiccio biondo, occhi di ghiaccio, cintura nera di karate, il quale se non fosse stato a sua volta marinato nel bourbon

senonché

———–

(a questo punto nel Libro di Bordo manca una pagina) [nota 2]

————

 


Tempo Storico


 

segue da Libro di Bordo:

Registraz. Comunicaz. Radio

Attenzione imbarcazione al punto X;Y, direzione tale velocità tale, qui Comando Marina Militare Inglese Gibilterra rispondete passo

Ehm … HEM … qui Lothar, Sheco-ondo di Pao-o-olina,

HIP

scusate

a-aavanti Comando Ma-a-arina

Secondo di Paolina, è poeta lei con codeste rime? è due ore che chiamiamo; intanto registriamo vostra negligenza nell’Ascolto Radio, e poi vogliamo parlare con il Comandante

ORPO!

Come dice scusi?

che lo chiamo sùùùbito subito Scignor Comandante di Gilb

Sgiibiiltèèèerra

Ales-shandro … HIP … ALES-SHAN-DRO!

mh

ti vogliono alla radio

chi?

Coamndo Glibit

gibiltèèèrrààà aahhahahaaaaa!

ORPO!

Sì Coman … HEM … HRUMPF … sì Comando Ma-a-arina,

HIP

scusi

qui Comandante Pa-o-olina

Anche lei con  ‘ste rime del menga? ci risulta che dalla vostra posizione sono stati lanciati Segnali di Soccorso.

Ehm … sì … beeeh …. shioè …

Ma dato che mantenete rotta e velocità , mi dite che problemi ciavete?

Ecco … uhm … eh …

Bene Comandante, dato che ipotizzavamo fosse in atto una azione pirata ai vostri danni abbiamo inviato un caccia torpediniere, che dirige su di voi a tutta forza, e a luci spente per approfittare dell’effetto sorpresa, che è la base per un attacco preventivo ben condotto  – ma non vedo perché io debba star qui discutere questioni tattiche con lei….

…La nostra nave dunque torna indietro; naturalmente le verranno fatturate alcune centinaia di migliaia di euro; capirà, trecento uomini d’equipaggio, il carburante, la partenza scramble, l’elicottero armato

l’elicò-l’elicò-l’elicò …

E data la sua posizione anche queste filastrocche sono fuori luogo, sa? Certo! elicottero armato, più l’aereo cisterna per rifornirlo in volo, il ricognitore Grumman a largo raggio, l’ AWACS per coordinare il tutto, e tutti i mercantili nel raggio di cento miglia (marine, naturalmente) che convergono su di voi.

Ora gliela fo io la rima

e andiamo a pari con quella sua di prima.

Quando rientra, faccia la cortesia:

passi in Gendarmeria; 

si porti i documenti 

una borsa d’indumenti

e lo spazzolìn da denti.

 



1: Breve Nota Tecnica.

Ehm

In realtà non è tanto breve …

 

 

2: ritrovata, ma sotto NDA

A boire…

(Nota: il titolo vero [“Ovviamente, c’e’ anche la fuffa da bere. A base di acqua OGM-free, ma…”] era un po’ lungo e pertanto mi sono permesso di farne una sintesi. L’originale è qui)

 

Viaggiando nel mondo si incontra di tutto. Un sound alternativo più mandriano (non male quello scelto dal viaggiatore, anzi ottimo)

BarneyPanofsky

…nera.

E’ la geniale trovata di un’azienda USA che s’e’ inventato un’altro prodotto inculacoglion per consumatori esigenti: blk. (ossia “black”) water, l’acqua NERA addizionata di acido fulvico (alla prima lettura m’era uscito “pubico”, vedi te i casi della vita?), che in pratica e’ roba vegetale marcia.

Ossia, la cacca (eufemismo metaforico) delle piante.

Il che fa di blk. l’acqua perfetta per il vegano ortodosso, no?

Toh, eccovela, l’acqua nera OGM-free:

blkDice sia davvero nera, perche’ ovviamente non c’ha solo l’acido merd fulvico, ma un casino di altri elementi che ti idratano (alleluja!), restaurano l’equilibrio salino e –ma qua pare abbiano ritrattatocurano il cancro al seno.

Il liquam liquido nero vien via a 35,75$ a pacco di 24 bottigline da 250 ml. Dai, una truffa quasi onesta, che ti fa arrivare a casina questa bevanda degli dei a soli 5,95$ al litro…

Ora capite perche’ io…

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Betz’s Trick or Treat

Il trucco di Betz

 

 

ovvero:

 

perché a certa gente interessa tanto Betz, mentre ai cowboy interessa pochino?

La volta scorsa vi ho parlato della superficie magica, e della energia cinetica trasportata dal vento.

Il teorema di Betz, ci dice quale è la potenza massima che possiamo estrarre,nell’ipotesi che:

 

1)l’aria attraversi la superficie magica e ne esca rallentata

2)nella superficie magica ci sia un attuatore qualsiasi, che trasformi l’energia cinetica dell’aria in lavoro meccanico.

 

I più volenterosi (e studiosi) possono dare un’occhiata alla dimostrazione; i mandriani come me la possono saltare:

approfondimenti_Zanichelli_Pidatella

 

Il teorema di Betz ci dice che al massimo, noi potremo convertire in lavoro il 59% dell’energia cinetica del vento che attraversa la superficie nella quale è presente l’attuatore.

 

Quindi possiamo aggiungere alla nostra formuletta un ulteriore coefficiente pari circa a 0,6, che rappresenta il limite imposto dal teorema di Betz all’energia che posso estrarre dal vento.

 

Svolte le moltiplicazioni e usato 1,2kg/mc come densità dell’aria, avrò:

 

p=0,36v^3

 

Nella superficie magica ci può essere, ad esempio, un rotore eolico con un numero qualsiasi di pale, al limite anche infinito.

Anche nella realtà abbiamo rotori con un numero di pale molto variabile; basta cercare con Google “rotore eolico” e andare a vedere le immagini.

 

Il teorema di Betz, declinato nel caso dei rotori eolici, mi dice quindi che potrò convertire al massimo il 59% dell’energia cinetica del vento che attraversa la superficie dell’attuatore, che nel caso dei rotori eolici, è la superficie spazzata dalle pale.

 

Alcuni sostengono che il limite di Betz si enunci allo stesso modo anche per i Kitegen, ossia che potrò estrarre il 59% dell’energia che attraversa l’area spazzata dal Kitegen. Siccome il Kitegen durante le sue evoluzioni, spazza una grande area, secondo alcuni, il Kitegen potrà estrarre il 59% dell’energia del vento su questa grande area (e la produzione si impenna!).

Ma, udite udite, altri fanno di meglio: bufala per bufala (cercate nella pagina linkata “Il limite di Betz“), arrivano a sostenere che il KiteGen genererebbe molto di più,  supererebbe lo stesso limite di Betz (e la produzione scavalla!!)

 

Impossibile.

Impossibile persino che gli si possa applicare Betz al percorso effettuato, figurarsi superarlo. Ma andiamo con ordine:

La legge di Betz presuppone che in ogni momento, tutta la corrente d’aria che io considero, attraversi l’attuatore e ne esca rallentata

 

Questo è verosimile nel caso di un rotore eolico che si muova con una velocità di rotazione sufficientemente elevata. In questo caso, la velocità dell’aria a monte e a valle della superficie spazzata dalle pale, è sufficientemente omogenea in tutta la superficie della corrente di vento che stiamo considerando (più in basso c’è un disegnino…).

In questo caso possiamo legittimamente considerare la superficie spazzata dalle pale come la superficie della macchina alla quale applicare il teorema di Betz.

 

Nel caso del Kite, il vento è perturbato e rallentato solo nel Kite e in un suo piccolo intorno. Nel resto della superficie “spazzata” dal Kite, il vento è del tutto imperturbato.

 

In questo caso, il teorema di Betz si applica solo alla corrente d’aria che incide sul Kite in movimento, si espande intorno al Kite, rallenta e poi procede.

 

Se non ci fosse il Kite, questa corrente manterrebbe esattamente la stessa sezione trasversale del Kite. Quindi possiamo pensare che prima di essere perturbata, tale corrente abbia esattamente la stessa sezione trasversale del Kite. Questa è quindi l’area della corrente di vento che dobbiamo considerare, per applicare il teorema di Betz al Kite: l’area del Kite.

 

Applicare Betz all’area spazzata dal Kite, come si farebbe con i rotori eolici, è sbagliato.

 

A noi vaccari, il teorema di Betz interessa pochino, perché in fin dei conti non ci cambia gli ordini di grandezza del problema. Introduce giusto un fattore 0,6.

Ad altri, il teorema di Betz interessa molto, ma lo applicano sempre in maniera erronea, all’area spazzata dal Kite nelle sue evoluzioni. In questo modo ottengono previsioni di resa uno o anche due ordini di grandezza superiori alla resa effettiva di un KiteGen (per non parlare di quelli che fanno gli stessi conti sostenendo che l’area percorsa è l’area spazzolata -quindi come si trattasse della stessa area interessata da una turbina, primo miracolo, a cui però, come secondo miracolo, non si applicherebbe più il limite di Betz, moltiplicando arbitrariamente il conto già astronomico di suo)

 

Once again: who cares about Betz? La parte predominante dell’imbroglio, infatti, è proprio nel concetto di “area spazzolata”…

 

il concetto di base è che la velocità del vento a monte della superficie di Betz deve essere tutta uguale a V1 su tutta la superficie.

 

Analogamente, la velocità del vento a valle della superficie di Betz deve essere tutta uguale alla velocità più bassa, ovvero V2.

 

Basta guardare il disegno:

BetzTrick

Se ho un rotore monopala fermo o quasi, il discorso sulle velocità del vento in ingresso e in uscita è vero per l’aria che colpisce la pala, e non per il cerchio descritto dalla pala – è una cosa verificabile con un semplice anemometro – quindi la superficie di Betz nel caso di monopala quasi ferma è…la pala stessa.

 

Se la stessa pala girasse a 100 giri al secondo, con velocità periferiche mostruosamente più veloci del vento, mi troverei ad avere un flusso di aria dove la velocità:

 

vale V1 su tutta vena fluida prima della superficie descritta dalla pala,

e vale V2 su tutta la superficie dopo.

 

Quindi in questo caso l’area spazzata (dalla pala) ha i requisiti per essere superficie di Betz.

Un anemometro è sufficiente a dimostrarlo (come per certi altri claim basterebbe un calorimetro anziché conteggi particolari, ma ancora non piove, quindi questo lo rimandiamo)

 

Il Kite si muove descrivendo una superficie anulare ortogonale al vento. In tutta questa superficie V1(in)=V2(out) eccetto in un intorno del Kite. Si verifica sempre con un anemometro.

 

Posso solo applicare Betz alla vena fluida che colpisce il Kite. Il Kite, in se, può scatenare tutti gli effetti che vuole, ma non può fare di più di quanto previsto da Betz per la vena fluida che colpisce il Kite.

 

Analogamente, si verifica con un anemometro che prima di un rotore eolico che gira veloce, V=V1 in tutta la vena in entrata, e V=V2 in tutta la vena in uscita. Quindi si può applicare Betz alla superficie spazzata dalle eliche. Caso più unico che raro.

 

Immaginiamo il Kite come un aliante che teniamo al guinzaglio e ruota in cerchio o disegnando degli otto.

L’ aliante si muoverebbe ad alta velocità sulla circonferenza provocando una spinta verso l’alto dell’ala, la quale ala, per come è costruita, tende ad allontanarlo da noi che lo teniamo.

 

La potenza massima che posso estrarne è data dalla velocità con cui cerca di allontanarsi nella direzione del vento, moltiplicato per la forza di trazione.

 

Il massimo si ha quando l’aliante si allontana ad 1/3 della velocità reale del vento (questo fattore torna spesso, c’è già in Betz, anche se who cares about Betz?).

 

Ora, il trucco vero è che la storia di Betz è solo fumo negli occhi: un aquilone, che comunque può fare un lavoro che produce energia, non ha speranza di fare più di tanto perché l’area spazzata non è un concetto fisico – l’imbroglio vero è soprattutto lì: i KiteGenari farlocchi aumentano a dismisura sia l’area veramente utile che l’enhancement factor.

Utilizzando due fattori moltiplicativi arbitrari si arriva dove si vuole.

Il Kite assomiglia a una pala di un rotore fermo o quasi. Nel caso del Kite, il vento è perturbato e rallentato solo nel Kite e in un suo piccolo intorno. Nel resto della superficie “spazzata” dal Kite, il vento è del tutto imperturbato. . un po’ come se avessi un rotore eolico con una sola pala, strettissima, e che gira pianissimo, Chi si sognerebbe mai di applicare la legge di Betz all’area spazzata da un rotore del genere?

E se il rotore eolico con una sola pala, strettissima, e che gira pianissimo,lo metto su un carrello che trascino in giro per l’anello di un’arena? Chi si sognerebbe di applicare la legge di Betz addirittura all’intero circuito che percorro? E chi mai vorrebbe sostenere che, anzi, potrei prendere tutto il percorso e da esso estrarre persino di più di quel che limiterebbe Betz?

Ci vogliono bufali di razza, per fare certe mozzarelle

Up through the atmosphere. Up where the air is clear

Fly a Kite II :

08

(puntata precedente)

Fly High

E insomma, pensavo fosse un discorso da incontro casuale, una cosa curiosa o poco più, ormai passata, più o meno per tutti.

Invece, dietro le quinte sembra che ci siano appassionati che ne discutono, e che soprattutto chi non è convinto non intenda mollare spazio a chi insistesse a dire:

“Funziona (quando lo dirò io), crede a me (in due minuti… uno…due…)”

 

Di soggetti che hanno seguito e seguono la vicenda ce ne sono ancora. Uno, ad esempio, è andato a scovare quel che altri hanno fatto in un posto serio:

“Questi sono i numeri di chi fa davvero questi piccoli esperimenti”, scrive. E mostra un’immagine

in cui si legge che:

gli esperimenti sono stati fatti nel 2011, con vento a 8 m/s e un kite da 25 mq ottenendo. per 10 MINUTI, ben 5 kW di media.

 

Quindi i numeri dicono che qualcosa si può anche ottenere, almeno per 10 minuti. Non dicono che si possa alimentare una cittadina (o anche solo qualche casa) per 10 o 11 mesi all’anno; anzi, non dicono neppure se sia possibile alimentare per 7 o 8 giorni un appartamento.

 

Bisognerebbe chiedere agli sperimentatori di Delft se hanno provato l’aquilone con 8m/s di vento per qualche ragione indipendente dalla loro volontà o se reputano che il loro attrezzo da 25mq possa resistere a venti più veloci, o se lo potrebbe fare uno di 150 mq.

 

Bisognerebbe chiedere loro anche perché non mostrino dati che vadano oltre i 10 minuti (hanno fatto solo prove così brevi perché? Aspettavano il vento giusto? Era solo un esperimento liceale?)

In realtà bisogna tener presente che chi ha fatto la prova di dieci minuti, e l’inventore che dichiara questo e quello, sono due entità del tutto diverse: i “ragazzi” di Delft sono gente seria, e sono stati così onesti da postare un grafico dove si legge bene quello che dichiarano, e cioè che sono riusciti a far funzionare l’aquilone per 10 minuti soli, che hanno raccolto 200W/mq (con 307W/mq disponibili), cioè una cosa normalissima.

Hanno fatto le prove con 8m/s di vento, probabilmente perché con venti più forti ci vogliono funi troppo grosse e pesanti, e reazioni più veloci, e tutto si complica.

Invece,  secondo le dichiarazioni dell’inventore, il sistema ha la pretesa di fare almeno 8000 ore (=330 giorni circa, più o meno 11 mesi continuativi) di volo all’anno, giurando che si otterranno guadagni energetici incredibili. Se tutto quello che c’è è una prova (di terze parti) di ben 10 minuti, non è che si può credere alla versione dell’inventore (da cui aspettiamo ancora una prova fatta con tutte le briglie a posto).

 

Un altro di quelli che a quanto pare hanno seguito ha postato un link ad una discussione interessante del passato , dove c’è chi ha notato incongruenze tra pretese di guadagni energetici ricavati, stabili, consistenti, già assodati, e necessità di essere finanziati anziché rivendere tali guadagni alla rete esistente e strani modi di calcolare quei guadagni

 

Impigliato

 

C’è anche chi, ad un certo punto, ha proposto una soluzione empirica, parafrasabile con:

Dai, fatene uno di prova, e fate una prova seria – che voli anche solo per sette giorni e sette notti (sarà uno che crede alla cabala?) – così ci si toglie ogni dubbio, specie quello che siate in grado di far volare un aquilone anche solo per sette giorni e sette notti di fila.

Numbers

 

In effetti, sarebbe già un’impresa, ma 7 giorni e mezzo (= 180 ore) è esattamente il primato di durata del volo di un aquilone raggiunto nel 1982. Certo, non si trattava di un generatore di corrente che doveva produrre 5 kW per 10 minuti. Se però puntiamo al primato, facciamo almeno 8 giorni e 8 notti di quei 330 dichiarati dall’inventore.

 

Ma quel gatto si sta mordendo la coda: è proprio per fare una prova seria che l’inventore chiede finanziamenti. Come se uno dicesse: ” Dai, dammi una decina di milioni di euro e ti dimostrerò che il sistema funziona” e l’altro rispondesse: “Dimostrami che funziona facendolo volare abbastanza a lungo e ti darò i milioni di euro”.

Nel luogo si discuteva (e si rideva) principalmente di altro; di quell’altro, una grande invenzione parecchio più incredibile del KiteGen, forse ne scriverò in un giorno di pioggia. Tornando invece agli aquiloni, nonostante si sia parlato di alta quota e di venti forti, in pratica la massima velocità di vento per la quale è stato provato l’aquilone e per cui siano noti i dati è 8 metri/secondo, da cui i calcoli seguenti che pare abbiano fatto contento almeno un lettore casuale (e per cui mi sono deciso a riproporli in bella, tanto per far sapere che anche un vaccaro, se ci si mette, sa scrivere due formule):

 

 

 

Mettiamo che io abbia una superficie magica, che ferma completamente l’aria e converte tutta la sua energia cinetica in lavoro meccanico.

L’energia cinetica che converto nell’unità di tempo sarà quindi la potenza meccanica che estraggo, poiché

01

Quale sarà l’energia cinetica che attraversa la mia superficie nell’unità di tempo?

02

La velocità v la conosco.

Quale sarà la massa che attraversa la superficie magica nell’unità di tempo?

La massa sarà il volume d’aria che attraversa la mia superficie nell’unità di tempo, moltiplicata per la densità dell’aria. La chiamo ρ, e vale circa:

03

Il volume sarà la superficie moltiplicata per la velocità del vento. Infatti, il volume di aria che attraversa la mia superficie nell’unità di tempo, sarà pari alla superficie moltiplicata per la lunghezza del volume. Ma la lunghezza del volume d’aria che attraversa la mia superficie in un secondo è proprio la velocità. Quindi:

04

L’energia nell’unità di tempo, ossia la potenza (=P), sarà allora:

05

Se poi considero l’unità di superficie divido per S, e avrò:

06

Se considero 07e sostituisco nell’ultima formula, ottengo la potenza per unità di superficie

08

Cioè appunto circa 300 W/mq

Il fatto è questo: che il vento porta con se una certa energia cinetica e, anche ammettendo di sfruttarla tutta, se hai del vento a 8 m/s, non puoi cavarci fuori più di circa 300 W/mq

 

Ashburn Cowboy, detto il vaccaro.

Quantum passion

 

Quantistica era la materia da studiare, ma “quantico” fa più fino, talmente tanto fino e moderno che lo si può abbinare un po’ a tutto, specialmente a bracciali e monili in plastica o metallo (di quelli da 3 euro la manciata al mercato) che, grazie alla “quantica”, acquistano tutt’altro spessore (e valore monetario).

 

 

Sembrerebbe roba da anni 70, quando andavano di moda monili e ciondoli portafortuna, ma “quantico” ha svecchiato il tutto: non più semplice energia degli astri, ma energia che sa di scienza all’avanguardia – è quantico, non semplice yin e yang alla portata di tutti!

 

Poi è giocoforza che, dai biofotoni ai chakra, si torni a rivalutare l’oriente misterioso, specie quando ci sia da allungare la lista degli effetti benefici e beatificanti dei monili.

 

Così si trova il “BIO bracciale energetico quantico magnetico“, che a soli 22 euro, senza alcuna controindicazione, nemmeno per uso prolungato o smodato,garantisce che aiuterà in caso di dolori di vario tipo ristabilendo al cento per cento “le energie del corpo umano”.

 

Disponibile in tre varianti:

1)tipo germanio(colore nero), che soprattutto fluidifica il sangue, scongiurando l’infarto tipico dei quarantenni e gli ictus dei settantenni, ma migliora anche il metabolismo, la qualità del sonno, riduce l’ansia e migliora l’attenzione. Forse fa anche andare di corpo meglio, ma questo la pubblicità non lo specifica. Però dice che “migliora la prestazione”.

 

2)Pietra a raggi infrarossi (colore rosso), che soprattutto migliorerebbe il sistema immunitario stabilizzando l’ossigeno nel sangue. Pare sia l’unica cosa che fa,ma ai cagionevoli potrà dare grande sollievo

 

3)A ioni negativi. Questa protegge dai mali dei nostri tempi: è anticancro e antitumorale, ma non basta: alla faccia di quella agli infrarossi, si occupa di prevenzione e trattamento delle malattie, mantiene giovani, stura le arterie, aumenta l’energia, allevia stress fisico, rigidità, spasmi o anche, in generale, il disagio. Però per fatica e stanchezza aiuta solo, ma in fondo non si può pretendere che sistemi proprio tutto, no?

 

Però niente spiegoni scientifici in prima pagina (che tanto, sembra dicano, chi tra quelli disposti a comprare il bracciale Bio Quantico Magnetico li capirebbe?) – accontentarsi del titolo e via andare.

 

 

Lo yin e lo yang (quantistici, però) tornano prepotentemente al centro dell’attenzione con il “Bio Energizer scalare quantistico ciondolo Tai Chi yin e yang“. Ancora una volta niente spiegoni ma, per impostazione predefinita, il venditore accende per te l’opzione “Acconsento a condividere la mia Business Card con i(l) fornitori(e)”. In fondo, è tutta questione di fiducia dovuta a galantuomo/uomini, anche residente/i all’estero. Non sarete scettici, spero.

 

I soliti noiosi
I soliti noiosi

O forse avete già letto dell’anello dell’immortalità (roba del 2010, non di ieri) e vi siete lasciati traviare dai soliti noiosi che non vogliono capire che al mondo c’è di più di quel che sanno loro, e che costa anche poco?

Diverso l’approccio di chi non vende paccottiglia, ma propone percorsi curativi e di benessere. Allora il discorso si fa più articolato, e quantico si sposa coi cristalli per dar luce a nuove antiche terapie tra buone parole e tanto amore, perché

“la vita non è solo quella fisica, essa ha una valenza anche energetica: molte discipline tra cui l’ermetismo, la fisica quantistica e la cristalloterapia quantica sfruttano questi concetti per manifestare un concetto di bellezza”.

 

E insomma, se proprio non possiamo essere intelligenti, almeno di essere belli un po’ ce lo meritiamo. Ma per quelli che riescono a comprendere qualcosa di più di “ciondolo”, qui troviamo uno spiegone che finalmente ci racconta dei quanti e delle meraviglie associate:

 

 

“Alla base degli elementi fondamentali (gli atomi?) che compongono la materia (quindi noi stessi e la realtà a noi manifesta) troviamo delle concentrazioni energetiche piccolissime o QUANTI. I quanti sono elementi che hanno cambiato il paradigma mentale e scientifico in base all’osservazione che essi hanno una natura duplice: si manifestano come onde (natura ondulatoria assimilabile forse alla definizione Ermetica di energia) e si manifestano come corpuscoli (ossia come materia)”

 

 

 

Visto com’è facile? Lo capirebbe persino un sasso, sempre che non preferisca solo “ciondolo”. Ma restituiamo la parola alla scienza:

 

 

“Come in basso così in alto e quindi ogni cosa è composta di minuscoli concentrati di energia Quanti. I quanti sono comuni sia agli oggetti sia agli esseri umani, questo elemento potrebbe essere il ponte che ci aiuta a comprendere le interrelazioni tra persone, oggetti, luoghi e cristalli ma per capire meglio qual è il mio obiettivo occorre immergersi un po’ nella visione della fisica quantistica”

 

 

E che aspettiamo? Immergiamoci prontamente, come in basso così in alto:

 

 

“I cristalli sono definiti tali perché hanno una disposizione degli atomi ordinata. Una definizione del cristallo può essere: Solido i cui atomi sono ordinati nello spazio con regolare periodicità determinando forme poliedriche a cui possiamo aggiungere la visione quantistica ed immaginare che siano composti di quanti energetici”

 

 

Ecco il segreto: immagina, puoi. Infatti il resto prosegue immaginando per altre 20 o 30 parole, finché si arriva al nocciolo della questione:

 

 

“Lo scopo degli incontri e dei corsi di Cristalloterapia quantica è sperimentare e fondere le arti antiche con le tecniche moderne al fine di essere un pratico mezzo per la ricerca di quello che abbiamo nel cuore…naturalmente dopo aver scoperto cosa abbiamo nel cuore”.

 

 

 

E in effetti, se non sai cos’hai nel cuore, dove vorresti andare? Per fortuna ci pensa la scienza, per soli 80 euro a testa più eventuale acquisto delle 5 pietre necessarie se sprovvisti, pranzo al sacco a carico vostro ma cercate di portarne un po’ di più, che pare che anche la scienza abbia fame:

 

” Sperimenteremo l’energia di 5 pietre: 2 Shungiti, Granato, Quarzo Ialino, Serpentino, Calcite.

Useremo le pietre per creare uno schema di purificazione e alla fine della giornata sapremo come trasformare in potere la nostra energia. Saranno poi individuate per ogni partecipante la pietra totem.

Per prenotazioni e informazioni: p*****@****.it – 338*****

La quota di partecipazione è 80,00 euro.

Si consiglia di essere vestiti comodi.

Occorre un pendolo e le cinque pietre, qualora non si possedessero le pietre segnalare quali sono necessarie e saranno portate in loco per essere acquistate.

Si consiglia di portare del cibo da condividere”

 

Sì, questa è fame.

Let’s go fly a kite

Incontri strani? Ma nemmeno tanto.

 

Però se vi piacciono gli aquiloni, un giro qui dovete farlo: si parla di vele legate a “fionde” perché possano alzarsi in volo anche quando il vento non c’è, di far volare gli aquiloni in qualche mare esotico (tanto per parlare di mestieri logoranti) e, soprattutto, di autentici caroselli, perché va bene divertire i grandi, ma anche ai piccini qualcosa da vedere bisogna  dare.

 


 

Balanced intro:

Sollecitato privatamente da personaggi equilibrati, ho deciso di premettere quanto segue:

Il KiteGen è un modo di sfruttare il vento di alta quota tramite degli aquiloni. Pare che sfruttare il vento di alta quota possa comportare qualche vantaggio in termini di resa energetica, almeno fin dove si riesce a sfruttare le correnti giuste e finché queste si fanno trovare.

La resa energetica del KiteGen è comunque dello stesso ordine di grandezza dell’eolico convenzionale e i prototipi fino ad ora realizzati sono di scala davvero minima.
Attualmente il KiteGen non è neppure in grado di competere con l’eolico convenzionale, e forse non lo sarà mai, ma è comunque un interessante filone di ricerca finché viene studiato da gente seria e non viene spacciato per quel che non è; non fa miracoli, ma studiarlo (seriamente) qua e la per il mondo ne varrebbe la pena: queste ricerche non costano poi tanto e i prototipi costruiti, pur continuando a non fare miracoli, possono avere interessanti ricadute, specie se chili guida non sia interessato di più alle spiagge tropicali.

Il punto di questa storia è però un altro: sempre più spesso si fanno incontri con gente che non si fa scrupoli a proporre autentici sogni dal guadagno impossibile in cambio di finanziamenti (o anche sovvenzioni private), alimentando il dubbio che l’unica cosa che interessiloro davvero sia di potersi assicurare una pensione certa (e di quel che si sarebbe potuto realizzare davvero, chi se ne frega) e il modo in cui il KiteGen è stato pubblicizzato e propagandato da parte di alcuni (ma non da altri) non ha fatto eccezione.

End of balanced intro


 

 

Di cosa si tratta dunque? Di un sistema per produrre energia dall’eolico – in pratica, un aquilone (di quelli tipo vela che vengono usati anche per gli sport acquatici proprio perché in grado di esercitare una forte trazione), fatto salire in alto fino a 2000 metri verrebbe ritirato velocemente in basso facendolo ripiegare e tirandolo con una carrucola (fase consumante) fino a 1000 metri.
Poi la vela sarebbe di nuovo messa in grado di prendere il vento, così da risalire a 2000 metri. In questa fase l’aquilone, trainando il cavo che funge da carrucola, precedentemente avvolto spendendo, lo svolgerebbe caricando una dinamo.
Ci si aspetterebbe – e forse qualcuno lo ha anche misurato – che il sistema più o meno in media renda quanto il normale eolico.

 

Invece i geniali inventori sostengono ben altro: con un numero sufficientemente grande di vele (anche concentrate in spazi relativamente ridotti), o anche con aquiloni delle dimensioni di uno stadio da calcio o superiori (che tanto che vuoi che sia farli decollare e governarli), secondo loro (o forse solo uno di loro e gli altri a seguire, che l’importante è poter sperimentare, specie se sulle coste africane d’inverno) si otterrebbe tanta di quella energia a basso impatto ambientale da poter fare a meno delle centrali tradizionali.

 

In pratica, la parte smart non sarebbe tanto il fatto che sia possibile o meno ricavare energia dagli aquiloni (certo che lo è), ma quanta (di certo non è la quantità dichiarata).
Ci si dovrebbe fare un’idea dei soggetti coinvolti  e della loro capacità inventiva anche solo considerando gli aggiustamenti “al volo” (è proprio il caso di dirlo)  che hanno proposto  per sostenere le loro millanterie di fronte alle critiche di colti ed incolti, critiche anche terra terra, che se una cosa è proprio evidente, non è che serve parlare dei massimi sistemi: “e se l’aquilone non scende a perpendicolo?” “lo tiriamo giù così in fretta che non avrà il tempo di deviare…” “e se non c’è vento a bassa quota?” “lo facciamo decollare accendendo grossi ventilatori…” “e se 2000 metri di cavo sono troppo pesanti?” “useremo cavi speciali ultraleggeri” “e se non reggono alle torsioni e agli strappi?” “useremo cavi speciali ultraresistenti…” e via così di arrangiamento in arrangiamento, persino di fronte al problema di fondo: “e se il vento non c’è sempre?” “cercheremo siti apposta”. Per chilometri quadrati di aquiloni? Ovviamente.

 

Tutto questo, quindi, per risolvere i problemi energetici del mondo: gli aquiloni fornirebbero energia mentre ti bevi il tuo sudato daiquiri in qualche spiaggia tropicale (che lì quando si alza il vento scherza niente). Ne fornirebbero così tanta che per reggere il confronto bisognerebbe paragonarli ad una centrale nucleare (che però inquina di bestia, mentre un aquilone che veleggi in Micronesia non inquinerebbe niente). Insomma, una trovata geniale, da finanziare al più presto con soli 10 o 12 milioni di euro (tanto per fare una startup e vedere se il gioco regge). Così quelli che l’hanno pensata potranno finalmente iniziare a mettere in atto i loro propositi: daiquiri offshore. Grandi.

 

 

 

Per chi volesse approfondire la questione da un punto di vista un po’ più serio (e necessariamente scettico), cliccare qui

 

Per chi si accontentasse di un riassunto musicale: Let’s go fly a kite

 

Per chi volesse sentire una recente voce di altra campana, con tanto di accenno a produzione di energia a prezzi irrisori, in quantità da centrale nucleare, con ammissione di uso di kite per surfisti (No daiquiri? Ahi! )  e con annessa  richiesta finale di money: intervista del 24/04/2015

 

PS
Tra i commenti sottostanti, tutti per un motivo o per l’altro parecchio buoni, sottolineo questo, semplice e diretto:

Basta dire che gli inventori del kite gen italiano promettono 200 volte di più di un normale kite gen e abbiamo detto tutto

perché  è il motivo principale per cui il KiteGen, a prescindere dal fatto che possa o meno produrre un po’ di energia, è di fatto una bufala:  il filo conduttore è proprio la discrepanza tra possibilità reali e  guadagni millantati da persone che non dovrebbero sbagliare i loro conti e, pure messe dio fronte all’evidenza, insistono, dimostrando con ciò una chiara volontà di contrabbandare illusioni per finanziamenti.

Qui lo stesso frequentatore  ha indicato un valore limite di 313w/mq. per un vento di 8 m/s. Vediamo se ho capito come ci è arrivato.

Mettiamo che io abbia una superficie magica, che ferma completamente l’aria e ottiene lavoro (come una Pelton ideale,ad esempio).

L’energia cinetica che converto nell’unità di tempo sarà la potenza che estraggo.

Potenza=energia/tempo.

Quale sarà l’energia cinetica che attraversa la mia superficie nell’unità di tempo?

Ec=1/2mv^2

la v la conosco.

Quale sarà la massa che attraversa la superficie magica nell’unità di tempo?

La massa sarà il volume per la densità (la chiamo ro)

Il volume sarà la superficie per la velocità del vento.

Ec=1/2 ro x S x v x v^2=1/2x ro x S x v^3

L’energia nell’unità di tempo, ossia la potenza (=P),
sarà allora P=1/2x ro x S x v^3 espressa in W

Se poi considero l’unità di superficie divido per S, e avrò:
p=1/2 x ro x v^3 (W/mq)

Se metto ro=1,2 kg/metro cubo
e v = 8 m/s, ottengo:

p=1/2×1,2×8^3 = 307W/m^2

Cioè appunto circa 300 W/mq

Il fatto è che il vento porta con se una certa energia cinetica e, anche ammettendo di sfruttarla tutta, se hai del vento a 8 m/s, non puoi cavarci fuori più di circa 300 W/mq

Se uno dice di ricavare 20.000 W/mq, sta dicendo un’autentica boiata, più di circa 300 non posso avere, altro che 20.000…

Vi sembrano conti difficili? A patto di aver frequentato le scuole superiori con profitto (e che si trattasse di scuole dove un po’ di fisica e di matematica l’abbiano insegnata), questi sono conti elementari.
Si sa che a questo mondo non tutti sono in grado di effettuare conti che ad altri paiono elementari, ma quando scendono in campo i laureati, la scusa di una svista non regge:

non è pensabile che degli ingegneri non sappiano fare o sbaglino (così tanto)  questo genere di conti (che tra l’altro indicano il MASSIMO rendimento senza perdite, non una media teorica e nemmeno una constatazione da pratica  – per la quale abbiamo valori anche di un terzo più bassi).

Nell’ostinata difesa di questa bufala, nata intorno al 2002 e che a tutt’oggi, ben più di 10 anni dopo, è “in via di costruzione” (o “di test”), è difficile pensare che non ci sia del dolo.